Sussiste l’aggravante della minorata difesa nelle truffe online?

Ricarica Postepay in anticipo e merce non consegnata: a sua difesa l’imputato ritiene che la distanza truffatore/truffato non configuri un’aggravante bensì un elemento costitutivo del reato. Quid iuris?

Il Tribunale di Cagliari confermava la custodia cautelare in carcere per l’imputato in relazione al reato di truffa aggravata.

Gli si contestava nello specifico la realizzazione di plurime condotte fraudolente tramite le medesime modalità: dapprima pubblicava annunci di vendita su noti siti online ed in seguito, una volta presi i contatti con i potenziali acquirenti, li induceva ad effettuare anticipatamente il pagamento su carte Postepay all’occorrenza attivate di volta in volta, per poi non consegnare l’oggetto pattuito.

A parere dell’accusa, quanto di cui sopra integra gli estremi della circostanza aggravante ex art. 61 n. 5 C.P., secondo cui la pena è aumentata qualora l’agente avrebbe approfittato di circostanze di luogo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.

A propria difesa il truffatore contestava la sussistenza della suddetta aggravante atteso che, a suo dire, non è possibile parlare di ”circostanze di luogo”: di fatti il mondo virtuale non è un “luogo” nel vero senso della parola.

È corretto piuttosto asserire che la distanza tra i soggetti delle compravendite contestate è un fattore indispensabile per la consumazione della truffa in questione e pertanto già insito in essa.

Trattandosi quindi di un elemento costitutivo del reato, la distanza non può al contempo assurgere al ruolo di circostanza aggravante, il che sminuirebbe la natura della truffa, da aggravata a semplice.

Sempre a propria difesa l’imputato aggiunge che nel caso di truffe come quelle in questione, in cui all’acquirente vengono indicati gli estremi di una carta Postepay in cui effettuare il pagamento, il concetto stesso di distanza non ha alcun significato, in quanto il luogo in cui il reato viene commesso verrebbe ad essere lo stesso sportello in cui il truffato effettua la ricarica.

La Cassazione non è tuttavia dello stesso avviso: è infatti consolidata giurisprudenza che nell’ipotesi di truffa commessa tramite la vendita di prodotti online sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo conosciute all’autore del reato e di cui egli ha approfittato.

In tale eventualità, la distanza fisica tra il luogo dove si trova la vittima, che di norma paga anticipatamente il prezzo pattuito, e quello in cui si trova l’autore del reato, determina una posizione di vantaggio per quest’ultimo.

Egli di fatti si trova nella condizione di mascherare più facilmente la propria identità, di evitare di sottoporre il prodotto venduto ad un controllo preventivo dell’acquirente e di sottrarsi senza difficoltà alle conseguenze della propria condotta. [1]

Tale principio, puntualizza la Corte, non implica l’automatica applicazione dell’aggravante ex art. 61 n. 5 C.P. a tutti i singoli casi di truffe online: è sempre necessario verificare se il venditore si sia effettivamente approfittato della posizione di vantaggio offerta dal web, ben essendo possibile che la truffa sia realizzata tramite internet ma senza che l’autore si sia avvalso di tali opportunità.

Nel caso di specie è viceversa palese che l’imputato abbia beneficiato eccome di tali privilegi al fine di occultare agli acquirenti la propria identità, posto che gli stessi venivano per lo più contattati tramite mail e venivano fornite loro generalità incomplete.

Oltretutto l’uomo è riuscito per anni a portare avanti le condotte truffaldine, a supporto della tesi che la sua irreperibilità sia stata senz’altro favorita dal mondo virtuale.

Similmente, non può trovare condivisione l’argomentazione secondo cui il locus commissi delicti verrebbe a coincidere con quello in cui l’acquirente effettua la ricarica Postepay, in quanto l’elemento della distanza fra i contraenti di una vendita on-line va valutato in relazione al complesso della transazione e non solo con riguardo all’attimo in cui avviene il pagamento.

Rigettate in toto le argomentazioni dell’imputato, la Cassazione conferma infine l’ordinanza impugnata. [2]

[1] Cass. Pen. Sez. IV, Sent. n. 3347 del 24/01/1994.

[2] Cass. Pen. Sez. IV, Sent. n. 14567 del 05/05/1989.

[3] Cass. Pen. Sez. IV, Sent. n. 10337 del 1/6/1989.